Ecco la prefazione al volume a cura di Veronica Tomassini. Una firma prestigiosa, la sua: Veronica è una giornalista che ha fatto molta strada lavorando per anni nella redazione siracusana della "Sicilia" e che è infine approdata alla collaborazione con "Il Fatto Quotidiano" di Antonio Padellaro e di Marco Travaglio. Oltre che di un paio di volumi di racconti, è autrice del romanzo "Sangue di cane" (edito nel 2010 da Laurana), un capolavoro intenso e lacerante che le è valso il plauso della critica.
"Raimondo
Raimondi riesce a raccontare ancora una Sicilia arcaica, lo fa in alcune
piccole storie contenute in questa raccolta. Ha il respiro del narratore di
razza. E opera qualcosa di più, non racconta soltanto di una Sicilia primitiva,
ne intercetta i suoni reali, gli intercalare, le chiusure, lo fa introducendo
l’elemento nuovo ovvero la contemporaneità, la crudeltà della contemporaneità
che investe in special modo i personaggi – spesso soli, di una solitudine
inaudita che incontra la durezza di un paesaggio eppur mai privo di fecondi
germogli – come il vecchio di Pietre Rosse, il racconto che
inaugura questa riuscita composizione. Procedendo di storia in storia, la
Sicilia dei poderi, delle mulattiere, dei vecchi solidi e rugosi simili a
tronchi d’ulivo, si sottraggono all’attenzione del lettore per cedere il passo
al nesso con l’argomento centrale – io credo – della raccolta ovvero il male,
il suo pedissequo ingerire con l’ordinarietà dei suoi deboli esecutori; il male
che tracima con le sue assurde lusinghe nelle vicende private, ancorché brevi e
mai assolutorie, dei protagonisti. Non è un tremendismo facile quello adottato
da Raimondo Raimondi, propone nudamente l’efferatezza di certi segreti
dell’animo umano con la competenza del grande conoscitore di vizi e virtù. Sì,
Raimondo Raimondi dimostra la precisione del narratore. La sua scrittura è
governata, è piacevole, traduce l’eleganza di uno stile che ho imparato ad
apprezzare negli anni (Raimondi ha pubblicato molto altro). Eppure, niente di
consolatorio pervade o conclude le sue storie. Sono storie terribili, non
saprei come altro definirle, dove il senso del male sovrasta su tutto il resto,
malgrado l’eleganza dello stile di cui dicevo, la maturità di una voce o un
procedere rassicurante. I fatti che interferiscono sono improvvisi, il lettore
non di rado viene colto dall’orrore e dalla sorpresa. Il dettaglio nella
successione degli eventi narrati è minuto. Tra i più riusciti, a mio avviso,
c’è il racconto intitolato Amhid l’etiope, tragico e intenso. E
qui Raimondi conferma la sua capacità di raccontare appunto il suo tempo, gli
esodi epocali di questi anni, il castigo della clandestinità, i suoi fardelli,
gli uomini che vi son caduti, come agnelli, le loro irreparabili verità. Un
racconto doloroso, l’animo umano e di più, gli affanni dei miseri accoliti di
una retrovia abietta, pur così lontani da Raimondi, sono veri, palpitanti.
Questa è la cifra di Raimondo Raimondi, la sua per certi versi spietata
credibilità, il suo metodo mai esitante di metterci al muro (noi lettori anche),
la sua scrittura governata del disincanto e insieme così tragica, così emotiva.
Merita tutta la nostra attenzione, questo autore appassionato di arte tra le
altre cose. Non vi annoierete, piuttosto è probabile che chiudendo sull’ultima
pagina siate presi da sgomento, ma è un fatto che Raimondi vi abbia raccontato
la vita."
Veronica
Tomassini
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