Parliamo dei tuoi racconti: quali sono gli elementi che ti spingono a scegliere la narrazione breve rispetto al romanzo?
Il racconto è un modo di intendere la scrittura come libertà dallo sviluppo di una trama tipico del romanzo. Risulta quindi collocabile in un’area di confine, di ibridazione tra generi letterari. Questa grande libertà che la prosa breve porta con sé mi permette quindi di concentrarmi su ciò che più mi interessa, sia come lettore che come autore, e cioè la narrazione di frammenti di vita, di scampoli della memoria, la descrizione puntuale del dettaglio, di tutto ciò che appare marginale e secondario, ma che in realtà è profondamente significativo. Racconti che sbucano disordinatamente dal cervello creativo; brevi storie che, a volte, hanno un tessuto complesso ma gestito in una sintesi linguistica e narrativa, altre volte esprimono sentimenti di una immediatezza che si condensa in una espressione, in uno sguardo, in un atteggiamento. Sono inquietudini dell’anima che, per una esigenza personale, mai completamente risolta ma comunque soddisfacente, mi è necessario scrivere.
Il racconto è un modo di intendere la scrittura come libertà dallo sviluppo di una trama tipico del romanzo. Risulta quindi collocabile in un’area di confine, di ibridazione tra generi letterari. Questa grande libertà che la prosa breve porta con sé mi permette quindi di concentrarmi su ciò che più mi interessa, sia come lettore che come autore, e cioè la narrazione di frammenti di vita, di scampoli della memoria, la descrizione puntuale del dettaglio, di tutto ciò che appare marginale e secondario, ma che in realtà è profondamente significativo. Racconti che sbucano disordinatamente dal cervello creativo; brevi storie che, a volte, hanno un tessuto complesso ma gestito in una sintesi linguistica e narrativa, altre volte esprimono sentimenti di una immediatezza che si condensa in una espressione, in uno sguardo, in un atteggiamento. Sono inquietudini dell’anima che, per una esigenza personale, mai completamente risolta ma comunque soddisfacente, mi è necessario scrivere.
Cosa ne pensi degli accadimenti in atto nella politica e nella società?
I contrasti sociali oggi sono più che mai acuiti da una crisi economica senza precedenti e portano anche il più pacifico degli individui all’esasperazione, a considerare chi la pensa diversamente un nemico e non un semplice avversario, a radicalizzare le idee e le opinioni, a creare quel muro contro muro che non mi pare storicamente abbia mai portato a nulla di buono. Probabilmente solo un bagno di democrazia può salvarci dal medioevo prossimo venturo, dalla barbarie di una società divorata dall’economia, dalla finanza, dal potere politico.
Non sono
quindi tempi felici per gli scrittori e gli editori?
Comprare libri non è esattamente una passione di tutti, anzi,
stando alle statistiche, in Italia i consumatori di carta stampata sono una
minoranza. Però, in questi ultimi anni, l’indice dei lettori pare essersi
inaspettatamente impennato, vuoi per una sorta di ribellione al pesante impero
della televisione, vuoi per un nuovo interesse verso il libro, padre di tutte
le culture, vuoi per il fiorire di intelligenti iniziative editoriali che hanno
puntato su giovani autori contemporanei.
Eppure
leggere è importante…
Leggere è come viaggiare, assecondando l’ansia di sapere e di
navigare nel tempo e nello spazio che alberga in tutti noi. Una ricerca che non
ha fine, che ci accompagna per tutta la vita, una navigazione che non sente mai
bisogno di approdo. Chi è toccato da questa febbre vorrebbe leggere tutti i
libri che lo attraggono, ma comprare libri, acquisirli nella propria
biblioteca, richiede, per dirla con Schopenhauer, un tempo assai inferiore
rispetto al tempo necessario per la loro lettura.
Sicché avviene che i libri si ammucchiano sugli scaffali, in
lunghe file ordinate, ma sono tanti quelli che non sono mai stati letti. Una
vita non basta, non può bastare, a leggere tutto quello che vorremmo. Un
“espediente” per dilatare il tempo ai fini della lettura è l’utilizzo dei
“tempi morti” delle attese, durante le lunghe file alle poste, alle banche,
nelle anticamere dei medici, degli avvocati e così via. Se, anziché sbirciare
le vecchie e inutili riviste sempre presenti nelle sale d’attesa, ci portassimo
appresso un libro scelto da noi, quanto tempo avremmo recuperato, quante pagine
in più avremmo letto, quante emozioni avremmo condiviso con gli scrittori, nostri
insostituibili compagni di viaggio?
Ma
la cultura ha ancora un posto di rilievo nella nostra società?
I giovani dovrebbero studiare non per diventare giocatori di
calcio che ce ne sono già tanti, non per diventare manager che ce ne sono già
tanti, né per diventare professori che ce ne sono già tanti e nemmeno per
conquistare il loro personale benessere economico, ma devono studiare per
creare il nuovo, perché la nostra società ha bisogno di idee innovative, di
spinte in avanti, di una cultura creativa che solo i giovani possono avere, e
ciò avviene stimolando in loro un sapere non nozionistico ma in grado di
precorrere i tempi, aprendo la mente, verso nuovi mondi dell’intelletto, nei
quali si genera il progresso della società.
Entriamo
nello specifico de “L’undicesima”, questo ultimo libro di racconti.
Sono racconti che, in massima parte, possono inquadrarsi nel
filone delle crime stories: “L’allievo di Satana”, “I soliti
sospetti”, “L’undicesima”, che dà il titolo alla raccolta (sono anche 11 i
racconti), “La bambola olandese”, ”Zapping”, “Killer night”. In questi racconti noir
si agita una piccola schiera di personaggi diversi e strani, tutti
però accomunati da una personalità border line, vissuta come energia letale e
ricerca di sensazioni estreme che possano disarticolare la realtà deprimente
che attanaglia l’individuo, maschio o femmina che sia, in una società
contemporanea pregna di messaggi subliminali che inducono al consumo di ogni
cosa, dal cibo al sesso, smarrendo ogni naturalezza, ogni umanità, ogni valore
condiviso. Il racconto “Sabato di penitenza” descrive la cronaca dettagliata di
un attentato kamikaze in una sinagoga ebraica, poi c’è il monologo logorroico
dell’attore Severin in “Uguali e diversi”, e la fabula “Amhid l’etiope” dove si cambia
registro: protagonista è il mare. Un mare senza connotazioni geografiche
precise, sicuramente siciliano, forse il mare di Augusta, città ove attualmente
vivo. Quì si svolge la vicenda di personaggi improbabili,
emarginati, freaks felliniani, extracomunitari e clandestini, che vivono ai margini dei
cantieri navali, calati nell'atmosfera salmastra e sordida e insieme vitale e
assolata del porto. Un altro personaggio che affronta la maturazione nel dolore
è il nano rom Palak, protagonista di un’altra fabula del mare, “Palak il
nano”, appunto, nella quale si inseguono atmosfere magiche, presenze
inquietanti ed esistenze minimali. Il vecchio e il bambino del racconto “Pietre
rosse” sono i personaggi di una storia semplice sulle onde di una memoria
antica, che ripercorre anni oramai dimenticati nei quali la campagna, il paese,
le tradizioni, il contatto con la natura, madre e matrigna, erano parti integranti
dell’educazione esperenziale di un giovane.
Il libro, poi, è
arricchito dalla fotografia di copertina di un fotografo artista, Luca
Morreale, che cristallizzato in un click un’intensa espressione dell’attrice
Jennifer Schittino. Si avvale anche di una prefazione della scrittrice e
giornalista Veronica Tomassini.